mercoledì 27 aprile 2016

La grande scommessa: e se non dovesse andare tutto bene?


Titolo originale: The Big Short
Regia: Adam McKay
Cast: Brad Pitt, Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carell, Marisa Tomei
Genere: Drammatico
Anno: 2015
Paese: USA
Durata: 130 minuti
Uscita al cinema: 7 gennaio 2016
Incasso totale Usa: 70.054.000 dollari





“Non è ciò che non conosci che ti mette nei guai, è ciò che dai per certo che non lo è...”, Mark Twain.



L'ho visto qualche mese fa ma non avevo ancora avuto il tempo di metabolizzarlo e recensirlo. Il risultato? Ne stavo parlando con un amico e già mancavano dei pezzi nella mia mente.

Quindi eccomi qui a parlare di La Grande scommessa, per imprimere a lungo nella mia memoria le vicende dell'eccentrico Dr. Michael Burry (Christian Bale), un genio della finanza che si accorge per primo dell’estrema instabilità del mercato dei mutui subprime (concessi con rischio altissimo e tasso d’interesse variabile) e scommette contro tutto e tutti sul crollo del settore immobiliare americano. La grande scommessa del titolo, appunto.

Burry viene però deriso dalla maggior parte dei giovani lupi delle grandi banche d’affari cui va a proporre le sue tesi di investimento e cui lancia l’idea di scommettere sullo scoppio della bolla immobiliare creando un mercato di CDS (Credit default swap), una sorta di assicurazione sul mancato rimborso dei titoli immobiliari, che permette agli investitori di guadagnare, anche se non titolari del rischio coperto dal derivato, e quindi in grado di procurare grandi ricavi al momento della crisi. Se crolla il mercato, e crollano i titoli, loro diventano ricchi.


Tra i primi a credere alle idee apparentemente strampalate di Burry c'è l'affascinante broker Jared Vennett (Ryan Gosling), a sua volta in contatto con Mark Baum (Steve Carell), trader in perenne conflitto coi pezzi grossi di Wall Street.
E, sullo sfondo, si assiste alla scalata di due giovani imprenditori, Jamie Shipley (Finn Wittrock) e Charlie Geller (John Magaro), aiutati dal broker in pensione Ben Rickert (Brad Pitt).

Nel frattempo Burry è ostacolato con ogni mezzo proprio dai suoi investitori che, in pochissimi anni, intenteranno causa contro di lui, nella convinzione diffusa che “andrà tutto bene”: non esiste teoria più assurda a cui credere nel 2006, anno in cui il settore immobiliare era più solido e florido che mai.
Finché invece, nel 2008, anno dell’Apocalisse finanziaria (Doomsday, appunto) del mondo occidentale, qualcosa non va male e la ruota si ferma veramente.

Un film intelligente, basato sul libro-inchiesta del 2010 di Michael Lewis, The big short: inside the Doomsday machine. E una genialità vulcanica e strepitosa quella di Adam Mckay, dimostrata sia come regista che come sceneggiatore, che gli è valsa anche un Oscar e che ha sicuramente contribuito a conferire ritmo e spensieratezza alla storia di uno dei più grandi disastri finanziari di sempre, riuscendo, perlopiù, a introdurre gli spettatori in un mondo spietato, potente e dispotico, fatto di cartapesta.

Seppur magistralmente curato nei minimi dettagli, l'economia e la finanza rimangono temi complicati da trattare, sia perché mutano continuamente e in maniera piuttosto impetuosa ed imprevedibile, sia perché implicano l'utilizzo di termini tecnici e dettagli che potrebbero creare dei problemi e fare perdere il filo dagli eventi, riducendo la comprensione e l'attenzione dello spettatore.

La pellicola si serve di efficaci espedienti per renderli comprensibili anche a chi ha poca dimestichezza con la finanza e si assiste a scene fantastiche dove i concetti di finanza azionaria vengono introdotti in una maniera veramente poco tradizionale. Come quando Burry prepara una zuppa di pesce per dimostrare cosa sono i CDO, o Margot Robbie spiega cosa sono le cartolarizzazioni sorseggiando champagne in una vasca da bagno. O ancora, come quando Selena Gomez mostra cosa stava succedendo nei mercati finanziari seduta al tavolo della roulette.

Ma, nonostante tutti gli sforzi di semplificazione, La grande scommessa rimane un film per gli amanti del genere e per chi ama film impegnativi.

La lezione che ci portiamo a casa? Semplice e dolorosa, perché tutto sommato, era sufficiente osservare per rendersi conto che sarebbe successo, ma, come si dice anche nel film, la verità è come la poesia: a nessuno frega niente della poesia.

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Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.