"Qualcuno deve cantare le stelle, qualcuno deve cantare la pioggia, qualcuno deve cantare il dolore, qualcuno deve cantare il sangue". Nick Cave
Quest'anno sul grande schermo di Venezia 73 c'era anche lui, Nick Cave, uno dei miei più grandi miti viventi, in qualità di assoluto protagonista di One More Time With Feeling, un tributo live diventato prima un'intervista, poi un documentario e poi qualcosa più vicino a un film in 3D.

Ma giustificare e dare un senso alla morte di un figlio quindicenne, precipitato da un'alta scogliera presso Brighton dopo essersi sporto troppo, richiede tempo e coraggio, occupa le giornate, la mente, pervade ogni attività, ogni singolo minuscolo frammento di tempo.
Per questo, quello che inizialmente era stato pensato come un tributo ai The Bad Seeds e al loro nuovo album si è trasformato necessariamente in una personale discesa nell'oscurità che ha commosso Venezia. E anche me. Sarà per il bianco e nero e il 3D rivelatore o più semplicemente sarà per le parole, i pensieri e le canzoni di Nick Cave.

Eppure, nel lungometraggio queste considerazioni fanno da sfondo alla nascita del nuovo album, un album dai testi cupi e profetici, perché, d'altro canto, "qualcuno deve cantare le stelle, qualcuno deve cantare la pioggia, qualcuno deve cantare il dolore, qualcuno deve cantare il sangue" e Cave non è solo un padre, ma anche un artista con un rapporto tra trauma e creazione da risolvere.

Certo, il risultato è molto diverso dal capolavoro di due anni fa, 20.000 giorni sulla terra di Iain Forsyth e Jane Pollard, ma il progetto registico di Andrew Dominik merita comunque un applauso, non fosse altro per la riverenza e il tatto con cui il regista approccia l'ex fidanzato di sua moglie.
E un applauso a Nexo Digital, che sta portando nelle sale Italiane molti bei film/documentari che vale davvero la pena vedere. Stay tuned!