“La vita ordinaria non mi interessa. Cerco solo i grandi momenti. Voglio essere una scrittrice che ricorda agli altri che questi momenti esistono…”.
Bella, affascinante, cosmopolita, controversa, scandalosa, profonda conoscitrice dell’animo umano. Un po’ troppo per il ventesimo secolo.
Anais Nin, scrittrice di bellissimi racconti (spesso etichettati troppo sbrigativamente come erotici) nonché amante di Arthur Miller, era una donna mossa da un profondo bisogno di conquista, dal bisogno di essere adorata, dal bisogno di interessare.
“Se mio padre se n’è andato… se non mi amava dev’essere perché non ero amabile… come cortigiana avevo già assaggiato il fallimento. Dovevo trovare altri modi per interessare gli uomini“.
Quale posto migliore avrebbe potuto rispondere meglio alle sue esigenze se non la Parigi degli anni ’30? Come resistere al richiamo di quella città? Un richiamo soprattutto dovuto al fervido clima intellettuale che dominava incontrastato le sue atmosfere, generato e rigenerato in continuazione da molti dei più grandi artisti, scrittori, poeti, musicisti, teatranti di allora. Qui tra le vittime mietute dalla Nin ci saranno anche Antonin Artaud e Henry Miller, i due da me più invidiati, ma anche Gore Vidal, Dalì, Sigmund Froid.
Per cominciare ad avvicinarsi e assaporare la sua voglia di vivere, di amare, di appassionarsi con tutta l’anima e con tutto il corpo, il mio consiglio è di cominciare con il “DIARIO”, una raccolta di scritti autobiografici iniziata nel 1931. Queste pagine celano una delle più belle storie d’amore che mi abbiano mai fatto vibrare e su cui è basato il film “Henry & June”.
Non importa se si tratta di uno scandaloso amore a tre e non importa se la sua sensualità sfoci nell’erotismo sfrenato.