Titolo originale: What we talk about when we talk about love?
Autore: Raymond Carver
Pagine: 134
Uscita in italia: 1987
“Sudarsi la vita rende miopi, costringe ad avvicinarsi molto alle cose per guardarle, toglie tempo, e soprattutto spazio, per guadagnare una distanza sufficiente a vederle da una prospettiva più ampia”.
«In effetti che ne sappiamo noi dell’amore? – ha proseguito Mel – Secondo me, siamo tutti nient’altro che principianti, in fatto d’amore»
Diciassette racconti brevi di amori appena sbocciati, amori finiti, di dimenticanze, di ossessioni. E in tutti, la sensazione di essere sospesi. Sospesi a guardare un amore che è stato e che non può più tornare, un pasticcere con una torta prenotata, un uomo che espone i suoi mobili per venderli, e poi ancora tradimenti e perdono e infine sospesi a guardare l’indifferenza di un gruppo di amici che continua a pescare in un fiume dove galleggia un corpo di una ragazza. Sospesi in attesa che qualcosa accada, come abbandonati proprio sul più bello, sospesi in attesa di un finale che invece non arriva mai.
Una scrittura essenziale quella di Carver, dovuta principalmente al suo editor Gordon Lish, che tagliava interi pezzi delle sue opere, vuoi per legittima revisione editoriale o vuoi per efferato delitto letterario.
Uno stile minimalista e stilizzato, dove le storie iniziano già a metà. Un linguaggio asciutto, scabro, quasi ordinario, ideale per dipingere l’amore nella grigia quotidianità, che non viene affrontato di petto come invece il titolo lascia intendere.
“Ci si dovrebbe vergognare quando parliamo come se sapessimo di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Perché l’amore ha mille facce, mille sfumature, mille dimensioni e quello di Carver è un amore contemplato davanti a un bicchiere di Gin, un amore senza un prima né un dopo, una divagazione: ci gira intorno, svuotando la parola di sostanza: forse l’amore è quello in nome del quale l’ex compagno di una delle due donne la picchiava fino a tentare di ammazzarla e poi di ammazzarsi mentre le dichiarava di amarla? O è quello del vecchietto scampato a un incidente che si dispera perché non riesce a vedere sua moglie attraverso le fessure degli occhi lasciate dal gesso che gli ricopre il volto.
Perché, come diceva proprio Carver, «Un buon racconto vale quanto una dozzina di cattivi romanzi».
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