venerdì 19 novembre 2021

Se una notte d'inverno un viaggiatore.. si trovasse a fare un sudoko con Calvino


Titolo:
Se una notte d'inverno un viaggiatore
Autore:
Italo Calvino
Anno di pubblicazione:
1979
Genere:
romanzo 

La tua casa, essendo il luogo in cui tu leggi, può dirci qual è il posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti avanti per tener lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi come in una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori, verso il mondo che t’interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare le dimensioni attraverso i libri. Italo Calvino

 

Qual è il desiderio di un Lettore? Leggere un romanzo, naturalmente. E dove finiscono le storie? E soprattutto, si può arrivare alla fine di una storia? 

Da queste premesse parte la vicenda del Lettore di Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, che insieme alla Lettrice, per ragioni sempre differenti è costretto a interrompere la lettura del libro che sta leggendo e intraprendere la lettura di un altro. 

Un metaromanzo che, interrogandosi sulla stessa natura del romanzo, attraverso un gioco letterario riflette sulle molteplici possibilità offerte dalla letteratura. E il risultato più evidente di questo gioco ironico è la frase che si costruisce unendo i titoli dei dieci romanzi in cui incappa il Lettore, che costituisce essa stessa l'incipit di un altro romanzo:

Se una notte d'inverno un viaggiatore, fuori dell'abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l'ombra s'addensa in una rete di linee che s'allacciano, in una rete di linee che s'intersecano sul tappeto di foglie illuminato dalla luna intorno a una fossa vuota – Quale storia laggiù attende la fine? – chiede, ansioso d'ascoltare il racconto.

Un’ulteriore dimostrazione che la ricerca del finale porta solo alla scoperta di altri libri, pur sempre incompleti, che il finale va immaginato e il compito di farlo spetta al lettore, più che allo scrittore. Insomma, leggere un libro vuol dire riscriverlo.

E negli intermezzi tra un libro e l’altro c’è la vita, quella vera, quella del Lettore e della Lettrice che stanno leggendo queste storie, che vivono insieme una storia d’amore e di lettura

lunedì 1 novembre 2021

FREAKS OUT E GLI SCAPPATI DI CASA COME NOI

Regia: Gabriele Mainetti
Genere: commedia, fantasy 
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Gabriele Mainetti 
Attori: Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski 
Musiche: Michele Braga, Gabriele Mainetti 
Produzione: Lucky Red, Goon Films, Rai Cinema 
Durata: 141’


 “Povertà, sfruttamento e abbandono sono le ferite di un Paese orfano di certezze. Il paesaggio desertico diventa metafora della vita di tutti i ragazzi privati di una famiglia e dei loro diritti. Attraverso gli occhi di un bambino, il film ci proietta nel profondo di una tragica realtà nella quale il protagonista ci mostra che affermare la propria identità è sempre possibile… Un’imprevedibile atmosfera conquista lo spettatore proiettandolo in un mondo tanto spettacolare quanto catastrofico. Tra tendoni da circo e campi da guerra quattro protagonisti, nella loro diversità, esprimono la necessità di essere umani. Un’opera innovativa e coraggiosa, che racchiude in una grande avventura fra sogno e realtà, tutto l’amore per il cinema”.
Motivazione al conferimento del Leoncino d’oro (Mostra del Cinema di Venezia)  

 

Una serata al cinema inaspettata, organizzata in quattro e quattr’otto, per un film ancora più inaspettato, Freak out di Gabriele Mainetti. Sì, perché dopo Jeeg Robot, da questo vendicatore del cinema italiano mi aspettavo tanto e ho ricevuto ancora di più.


Una sceneggiatura pazzesca, scritta da Mainetti a quattro mani con Nicola Guaglianone, che ha messo in moto in una Roma del ’43 dei personaggi straordinari oltre che pop: Matilde (Aurora Giovinazzo), la protagonista principale, una ragazza elettrica che non sa controllare i poteri che vede scatenarsi in lei appena prova sentimenti come ira, paura e amore; Cencio che sa manipolare gli insetti a proprio piacimento, interpretato da Pietro Castellitto, che recentemente ho apprezzato anche in La profezia dell'armadillo di Emanuele Scaringi, e che qui ritroviamo in versione albino; Fulvio, l’uomo scimmia forzutissimo ma anche gentile e intellettuale (Claudio Santamaria); e Mario, un nano che attira gli oggetti di metallo come una calamita (Giancarlo Martini). 
A capitanare questo gruppo di scappati di casa c’è Israel (Giorgio Tirabassi), mago e impresario ebreo del Circo Mezza Piotta, un circo magico senza animali che gira nella campagna romana.


La figura del nemico è invece impersonata da Franz (Franz Rogowski), un nazista tedesco con sei dita per mano capace di “vedere” il futuro, dote che lo ha reso celebre come pianista, permettendogli di rubare le canzoni dal futuro (Creep dei Radiohead e di Sweet Child o mine dei Guns N’ Roses), ma che lo ha anche reso consapevole del ruolo che poteva avere nello scongiurare l’imminente caduta del Reich: usa il circo che possiede par andare in cerca di mutanti dai superpoteri e poter così diventare un generale, come ha sempre sognato. 

Siamo nel pieno del conflitto mondiale e i quattro freaks con poteri misteriosi sono allo sbando dopo che Israel è scomparso mentre trovava il modo di portare il gruppo in America. 
Matilde decide di andarlo a cercare, mettendo in moto un vero e proprio viaggio dell’eroe, dove, insieme ai suoi amici, incapperà in mille avventure, per crescere e maturare, arrivando ad accettare e comprendere a pieno i suoi superpoteri. 
A questi “fenomeni da baraccone” si aggiungerà poi una banda di partigiani particolari capitanata da Max Mazzotta


Mi piace questo Gabriele Mainetti che con una gagliarda fiaba romanesca omaggia il neorealismo italiano (contaminandolo con il fantasy) e il grande cinema, tanto che dentro sembra di vederci almeno 50 film: c’è chi ci ha visto Il Mago di Oz (Matilde sarebbe Dorothy, con tanto di treccine e grembiule, Fulvio il leone, Mario l’omino di latta e Cencio lo spaventapasseri; chi ci ha trovato il Tarantino di Bastardi senza gloria, ma anche Fellini e Monicelli. 

Un Mainetti tutto fare: sua la sceneggiatura del film, scritta in collaborazione con Nicola Guaglianone da un soggetto originale di quest’ultimo, curatore delle musiche insieme al compositore Michele Braga. Una colonna sonora orchestrata da Emanuele Bossi, premiata con il Soundtrack Stars Award 2021 per la migliore colonna sonora tra i film in concorso alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia in quanto “elemento protagonista e di assoluto rilievo all’interno del film, unendo elementi della nostra tradizione musicale a un sound più contemporaneo e passando anche attraverso le riletture di classici come Creep dei Radiohead, trasformata al pianoforte in stile Rachmaninov dal nazista esaltato Franz, o Bella Ciao, riletta in chiave avanguardista”


Unica pecca? L’eccessiva lunghezza, che comunque non ho sentito tanto perché coinvolta in quello che stava succedendo. Insomma, un grande tributo alla cultura pop in grado di dimostrare che il cinema italiano può essere anche altro. 

lunedì 25 ottobre 2021

A spasso con Benedetta tra la vita e la morte: un po' qua, un po' là


"La strada è l'unica salvezza", cantava Gaber, e bisogna tornarci per conoscere chi siamo. Da ragazzina lo ascoltavo e lo mettevo in pratica, standomene sempre per strada. Non sono certa che sapessi chi ero, ma la strada era comunque il posto in cui lo ero più spesso.
Emersione di Benedetta Palmieri 

Un libro dove l’anima si denuda davanti alla morte e ai ricordi che questa risveglia, andando a spasso tra le strade di una Napoli autentica, una città che è parte integrante della storia.


Scritto in prima persona, Emersione è il memoir di una ragazza che conosce l’amore e lo perde due volte: la prima quando la relazione non facile, fatta di gioia e sofferenza, finisce, la seconda quando lui si uccide.

È un romanzo inusuale, da leggere perché quella di Benedetta Palmieri è una narrazione pulita che ti accompagna in una dimensione quasi onirica in cui galleggiare nei ricordi della protagonista e del suo compagno, un susseguirsi di pensieri cupi ma intensi. E allo stesso tempo è il faticoso viaggio dell’eroe che affronta la morte del suo uomo, per emergere dalla propria di morte, quella specie di limbo in cui si era temporaneamente rifugiata. E tornare finalmente alla vita.

 Benedetta ti voglio bene!

domenica 10 ottobre 2021

Virginie Despentes: il segreto è non esitare.


"Ho fatto l’autostop, sono stata stuprata, ho rifatto l’autostop. Ho scritto un primo romanzo che ho firmato con il mio nome di ragazza, senza immaginare nemmeno per un attimo che quando sarebbe uscito mi sarebbero venuti a fare l’elenco dei limiti da non superare"
Virginie Despentes in King Kong Theory a proposito di Scopami.



Folgorante ed eccessiva, come tutte le sue opere che ho letto, Virginie Despentes è un’autrice francese con una storia e una voce eccezionale. All’anagrafe Virginie Daget, ma meglio conosciuta con appellativi come post-punk, anarco-femminista, transfemminista, sul suo passato si potrebbe scrivere un romanzo: nasce nel 1969 a Nancy in una famiglia della classe operaia, a quindici anni finisce in un istituto psichiatrico, a diciassette, dopo aver abbandonato famiglia e studi, è vittima uno stupro di gruppo, si trasferisce a Lione, studia cinema e inizia a prostituirsi occasionalmente in maniera volontaria. A Parigi diventa una squatter, oltre che commessa in un negozio di dischi, giornalista nei settori musicale e di cinematografia porno.


 

Si è imposta nel mondo editoriale underground punk transfemminista (un mondo di cui, prima di conoscerla, io ignoravo l’esistenza) con alcuni romanzi - tra cui Scopami, su cui ha girato anche un film -.un saggio autobiografico (King Kong Theory), e una trilogia (La trilogia di Parigi).

Le sue, più che essere parole, sono un azzardo fatto di neocapitalismo, di musica punk e rap, di acidi, antidepressivi, cocaina e alcool, in cui non c’è alcuna possibilità di redenzione.




E in Scopami ho trovato proprio un inno alla libertà individuale dove la Despentes ci mostra il mondo dal punto di vista di due donne erranti e dannate, che con urla e spari, alla fine di tutto, riescono finalmente a farsi ascoltare.

domenica 26 settembre 2021

Alce + Icelandic Ufo, tra danza e visione



ALCE + ICELANDIC UFO

Durata: 1 ORA
Di: Fabrizio Favale
Danzatori: Le Supplici/Fabrizio Favale: Vincenzo Cappuccio, Francesco Cuoccio, Martina Danieli, Francesco Leone, Claudia Gesmundo, Alessandro Giachetti, Shih-Ping Lin, Alessandro Piergentili, Andrea Rizzo, Valentina Staltari
Direttore di scena: Andrea A. La Bozzetta
Co-produzione: MILANoLTRE Festival/KLM – Kinkaleri/Le Supplici/mk

Due balletti pensati per la sezione Affollate Solitudini di MilanOltre 2021:

Bello il visionario assolo di Fabrizio Favale, coreografo e interprete di Icelandic Ufo, che ho visto al teatro Elfo di Milano proprio ieri sera. Era luce, era aria, era materia e il suo riflesso, era un ufo ma anche un pesce in un acquario da dove tentava di uscire. Unica pecca? La lunghezza e la ripetitività delle azioni. Siamo abituati alla velocità delle serie tv e di questo la danza dovrebbe tenerne conto.

Bellissimo anche Alce, una coreografia animata da bizzarre creature in tutina nera, che si muovono in un paesaggio innaturale, artefatto, seguendo lo stesso ritmo potente e alienante, quasi fondendosi tra loro e diventano un solo essere multiforme. Particolarità? E’ stato ispirato da una riflessione sulla pandemia e ci sta tutto.

lunedì 20 settembre 2021

Dune, Villeneuve e la fantascienza adulta

 



Ero titubante, sia per il Covid che per la durata e l’apparente pesantezza del film, ma alla fine al cinema ci sono andata lo stesso. Il film scelto? Dune, la pellicola di una fantascienza adulta presentata fuori concorso a Venezia 78 con cui Denis Villeneuve, riprova a mettere in scena un'opera complessa difficile da adattare, dopo i tentativi semifalliti di David Lynch e Alejandro Jodorowsky.

Sto parlando del romanzo fantascientifico di Frank Herbert, da cui il film è tratto. Pubblicato nel 1965 a fatica (il manoscritto passò per almeno venti case editrici ma nessuno lo voleva pubblicare perché trovavano la storia confusionaria e la prosa di Herbert poco scorrevole) il libro si è rivelato molto difficile da trasporre sul grande schermo, tanto per la complessità della trama quanto per i numerosi effetti speciali necessari.

In realtà nel libro, così come nel film. non è solo la storia che conta, è più l'universo creato in cui vieni come teletrasportato: la religione, la filosofia, la politica e l'ecologia si intrecciano nell'evoluzione dell'essere umano, dando vita a una faida eterna tra le nobili Casate galattiche degli Atreides e degli Harkonnen per il controllo di Arrakis, e della spezia che li viene coltivata, una droga in grado di sbloccare il più grande potenziale dell’umanità, ampliando le facoltà della mente umana e consentendo viaggi stellari.

Quindi, riassumendo, la lotta per il potere intrisa però di un senso di spiritualità fortissimo. Nonostante questo, numerosi sono stati i tentativi falliti di portare questa storia in scena: ci aveva provato Alejandro Jodorowsky (e il suo tentativo è diventato anche un affascinante documentario di Frank Pravich, Jodorowsky’s Dune, appunto, che esplora la genesi dell’adattamento del regista di culto Jodorowsky del romanzo di Herbert che però non vide mai la luce e restò incompiuto) così come David Lynch, che è riuscito comunque a dare vita a un film travagliato nella sua realizzazione, sfociato poi in un clamoroso insuccesso di critica e di pubblico nonostante il cast (Sting compreso).

E chapeau anche per il cast di Villeneuve, che, oltre a Rebecca Ferguson e Oscar Isaac, ha chiamato anche Timothée Chalamet a vestire i panni di Paul Atreides, l’eletto, attore che ha incredibilmente solo un anno in più di quelli che aveva Kyle MacLachlan nel Dune del 1984 di Lynch…

Belle le immagini (le riprese sono state fatte nella valle del Uadi Rum in Giordania per Arrakis e in Norvegia per Caladan) e magnifici i suoni di Hans Zimmer, che, si dice, avrebbe rinunciato a comporre la colonna sonora dell'ultimo film di Nolan, Tenet, per dedicarsi anima e corpo a Dune, scegliendo soluzioni musicali completamente inedite per dare alla pellicola un tratto distintivo (ha anche riarrangiato Eclipse dei Pink Floyd che è stato messo come sfondo del primo trailer del film, scelta non casuale, dato che alla storica band era stato affidato il compito di comporre le musiche della trasposizione mai concretizzatasi di Alejandro Jodorowsky).

E probabilmente non finisce qui, perché servirà un sequel per spiegare tutto, o forse due, chissà.

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.