mercoledì 5 aprile 2017

ERASERHEAD – LA MENTE CHE CANCELLA (LYNCH, 1977)


 "Eraserhead si stava sviluppando in una certa direzione, e non avevo idea di cosa volesse dire. Cercavo la chiave d'accesso al significato di quelle sequenze. Qualcosa capivo ovviamente ma non sapevo quale fosse il cemento che teneva insieme tutto il film. Una bella fatica. Così tirai fuori la Bibbia e iniziai a leggerla. Un giorno lessi una frase. Chiusi la Bibbia: era fatta. Fine del discorso. Allora vidi il film come un tutt'uno. La frase completò questa visione al posto mio, al cento per cento. Penso che non rivelerò mai quale fosse quella frase." 
David Lynch, da In acque profonde. Meditazione e creatività

Titolo Originale: ERASERHEAD
Scritto da: DAVID LYNCH
Musiche: DAVID LYNCH, PETER IVERS, FATS WALLER
Montaggio: DAVID LYNCH
Fotografia: FREDERICK ELMES, HERBERT CARDWELL, DAVID LYNCH
Produzione: DAVID LYNCH
Durata: 90’
Anno: 1977

In trepida attesa del ritorno di Twin Peacks, ho rivisto e approfondito Eraserhead, il primo film di David Lynch, probabilmente la sua rappresentazione più avanguardistica a cui inizia a lavorare nel 1971, presso l'American Film Institute.

Un cult movie fuori dal tempo, con una gestazione difficile, visto che il budget a disposizione si esaurisce ben presto, rallentando la lavorazione e costringendo il regista a racimolare un po' di grana facendo la questua ad amici e parenti e consegnando giornali.

Girato in un sublime bianco e nero da tre operatori (Frederick Helmes, Herbert Cardwell e dallo stesso Lynch), quando uscì, dopo 4 anni di riprese ininterrotte e dopo una lunga battaglia per la sua poca commerciabilità e per il maniacale perfezionismo di Lynch, venne inizialmente distribuito neil circuito cinematografico dei midnight movie (spettacoli di mezzanotte) e sconsigliato alle madri incinte.

Diventò il film preferito di Stanley Kubrick, che affermò di averlo proiettato continuamente durante la lavorazione di Shining per trasmettere inquietudine agli attori.

E come potevamo io e Kubrick non amare alla follia il cinema di uno psichiatra mancato, che penetra le profondità dell'inconscio, alla ricerca della mente umana con continui richiami alla sua storia, ma anche rimandi pittorici, ad esempio Francis Bacon e Oskar Kokoschka, e all’avanguardia espressionista tedesca.

Un cinema onirico, senza un nesso logico, segnato da un'inquietudine allucinata, in cui la forza delle immagini sublima quella delle parole.

Al centro di tutto c'è la mente, la mente con i suoi ingannevoli labirinti, la mente di un padre figlicida che, tormentato dal senso di colpa, rimuove l'atto compiuto (da qui EraserHead - la mente che cancella) e, mentre assiste all'implosione dell'universo, si rifugia in un mondo immaginario alla ricerca di sollievo.

Henry Spencer ha messo incinta la propria ragazza, Mary X. Decide di portarla a vivere con lui, insieme al figlio, che in realtà è una creatura mostruosa, una specie di feto, sulla cui realizzazione Lynch non ha mai voluto rivelare nulla.

In un susseguirsi di visioni fatte di terra e sogni, il mondo si sgretola: il figlio piange ininterrottamente, Mary X scappa via e torna a casa dei suoi genitori, lasciando il bambino alle cure di Henry, che però finirà per ucciderlo, mettendo fine al proprio calvario e abbandonandosi all'oblio.

Un'improbabile sceneggiatura disegna uno sfondo in bianco e nero, innaturale, fatto di fumo e ruggine, ciminiere e palazzi, strane figure e volti cerulei. Un mondo disturbante dove i dialoghi, già ridotti all'osso, si fondono con un sound intriso di rumori meccanici, ronzii, sospiri e lamenti sopiti.

Accanto a loro, in tutto il film, c'è la colonna sonora, composta dal regista con l’aiuto di Peter Ivers, una musica che arriva da lontano, da altre stanze di cui intuiamo l'esistenza.

E intanto, su un palco decadente la Lady Radiator canta una canzone: "in heaven everything is fine".


"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
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"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.