lunedì 18 settembre 2017

Dunkirk, la storia come non l'abbiamo mai vista. E mai sentita.




Titolo originale: Dunkirk
Genere: Azione
Regia: Christopher Nolan
Attori principali: Fionn Whitehead, Tom Glynn-Carney, Jack Lowden, Harry Styles, Aneurin Barnard
Durata: 106 minuti
Uscita: giovedì 31 agosto 2017



«Di tutti i film che ho fatto, è quello con la maggiore fusione tra musica, immagini e suoni», Christopher Nolan.
«Non c’è modo di battere il rumore delle bombe o delle onde, così ho dovuto scegliere un altro approccio. Per la maggior parte delle musiche, ho detto a chi le suonava di farlo sommessamente, ma con grande intensità», Hans Zimmer.

È' rumore, è Dunkirk, è l'ultimo film di Christopher Nolan.

Diciamolo pure che per quanto riguarda la trama non c'è molto da dire: siamo a Dunkerque, nel nord della Francia, a circa 70 chilometri di mare dal Regno Unito, all’inizio della seconda Guerra Mondiale, e quella che viene raccontato è l’episodio delle little ships, ovvero delle 3-400 barche e barchette che in una notte attraversarono quei sessanta chilometri di mare che separano le coste inglesi dalle spiagge di Dunkerque per riportare a casa centinaia di miglia di soldati inermi, assediati dall’esercito tedesco. Punto.

Anche i dialoghi sono ridotti all'osso, con una sceneggiatura di sole 76 pagine

In compenso parla Hans Zimmer, con la sua colonna sonora, con i rumori e gli effetti sonori circuenti e stordenti che danno il via a un nuovo capitolo nella cinematografia contemporanea.
Anche se, a ben vedere, dopo aver lavorato con il regista per altri 5 film, è lo stesso Zimmer a spiegare che in realtà «questa colonna sonora è di Chris Nolan. Questo film è la visione di un solo uomo. Questo film è quello in cui ho avuto il più stretto rapporto con un regista e nonostante lui non abbia mai suonato nemmeno una nota, ha in qualche modo suonato ogni nota».
E chapeau per Nolan allora, che pur non essendo un musicista ha concepito film e sceneggiatura con un "approccio musicale", dando vita ad una sorta di sinfonia sonoro-visiva claustrofobica e senza precedenti:

"C’è un’illusione acustica, se vogliamo chiamarla così, che si chiama “scala Shepard” e che avevo già usato in The Prestige con il compositore David Julyan. È un’illusione che fa credere che ci sia sempre un tono ascendente. È un effetto cavatappi. […] Ho scritto la sceneggiatura secondo questo principio, con tre linee temporali che danno una costante idea di intensità, di intensità crescente. Volevo costruire una musica con dei simili principi matematici", Christopher Nolan.

Quindi, è il tempo la chiave di Dunkirk.
Abbiamo tre differenti prospettive temporali, ciascuna delle quali viene scomposta, accorciata o dilatata per fluire in parallelo: una settimana nella vita dei soldati che aspettano sulla spiaggia di essere salvati; un giorno per l'attraversata di quel tratto di mare da parte di Mr. Dawson e figlio, che insieme a un amico prendono la loro barca per andare ad aiutare i soldati; un’ora di volo di Tom Hardy, prima che il carburante finisca definitivamente. E tre tre elementi della natura diversi, a rappresentare i vari stati emotivi - la spiaggia, come punto d'incontro tra speranza e disperazione, il mare, dove seppur non tutto è perduto, il pensiero della morte è sempre presente, e il cielo, che diventa un atto eroico spinto da assoluto altruismo. Come se non bastasse a queste stratificazioni si affiancano anche tre linee narrative diverse che nel montaggio si incastrano in vari modi, convergendo in un unico presente, pur raggiungendo i loro picchi in momenti differenti, in modo tale che la tensione in una delle tre parti è sempre assicurata.


E quel geniaccio di Nolan ha pensato di fare la stessa cosa con la colonna sonora. A partire dal rumore semplice quanto ossessivo del ticchettio del suo orologio da tasca, che Zimmer ha poi trasformato in uno snervante rumore di base e riproposto dall'inizio alla fine del film, seppur sintetizzato e modificato in vario modo. Che è poi il ticchettio dell'orologio dello Spitfire che il pilota Tom Hardy controlla più volte per calcolare mentalmente la benzina rimasta nel serbatoio.

Unendo il ticchettio alla tensione continua generata dall'incastro ad arte delle tre storie, Nolan e Zimmer hanno creato una colonna sonora che entrerà nella storia, basata, appunto, sulla scala Shepard.

E a sopperire al minimalismo dei dialoghi, accanto alla musica organica-industriale di Hans Zimmer, c'è il massimalismo delle immagini.
La cinepresa di Hoyte van Hoytema, il direttore della fotografia di Dunkirk, indugia ossessivamente, con primi e primissimi piani, sui volti dei soldati, sui loro sguardi, immortalandone l'istinto di sopravvivenza individuale che li muove.

Altra particolarità degna di nota. Il fim, che è stato pensato in esclusiva per il grande schermo e girato in parte con la tecnologia Imax, viene trasmesso in alcune sale anche in pellicola 70mm.

Quello a cui punta Nolan è proprio sfruttare a pieno tutta la potenza del mezzo cinematografico per ricreare l'esperienza più immersiva possibile: “Voglio farvi sentire come se foste là e l’unico modo di farlo è con la distribuzione nelle sale“. Questo è anche il motivo per cui ha scelto di schierarsi contro le piattaforme on demand, come Netflix, attaccando la loro politica di produzione e distribuzione, accompagnato da altri registi del calibro di Tarantino e Almodovar.

Insomma nulla viene lasciato al caso e ogni scelta, quella dei colori, dei movimenti, dei rumori, viene fatta con una precisione matematica. E il risultato è un'esperienza quasi fisica, che ti lascia seduto sulla sedia del tuo cinemino stanco, senza forze e a bocca aperta, con la sensazione di aver partecipato a qualcosa, qualcosa di grande, e di essere appena emersi da un bagno sensoriale in cui tutto passa per l'immagine e il suono. E cominci a capire quanto è assordante il silenzio.

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Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.