martedì 6 maggio 2014

Noah: Il diluvio universale secondo Aronofsky

PRODUZIONE: U.S.A.
2014
GENERE: Drammatico
DURATA: 138’
INTERPRETI: Russell Crowe, Anthony Hopkins, Douglas Booth, Emma Watson, Jennifer Connelly, Leo McHugh Carroll, Logan Lerman, Nick Nolte, Ray Winstone
SCENEGGIATURA: Ari Handel, Darren Aronofsky
TRATTO liberamente dal libro della Genesi
FOTOGRAFIA: Matthew Libatique
COLONNA SONORA: Clint Mansell



È uscito nelle sale italiane il 10 aprile 2014 Noah, l'ultimo film diretto e prodotto da Darren Aronofsky (per intenderci, il regisa di "The Wrestler”, “Cigno Nero”). Un film carico di luci e ombre, liberamente ispirato alla storia biblica di Noè che cerca di salvare famiglia e animali dal diluvio universale, narrata nell’Antico Testamento.

“Noah” può contare su un cast di tutto rispetto: Russel Crowe nel ruolo del patriarca biblico Noè, Jennifer Connelly nei panni della moglie Naameh, Anthony Hopkins interpreta il nonno del protagonista Matusalemme e Emma Watson la figlia adottiva Ila.
Curiositá: Aronofsky è riuscito a farsi finanziare dalla Paramount Picture il film dopo quattordici anni di tentativi, solo dopo la diffusione di una graphic novel, uscita in francese, a cui aveva lavorato con un fumettista canadese, Niko Henrinchon.
E di soldi ne sono serviti davvero tanti (più di 125 milioni di dollari) se si pensa che per questo film, girato tra l’Islanda, il Messico e gli Stati Uniti, Aronofsky ha voluto costruire una vera arca, che è stata allestita in un set a Long Island, New York.

Aronofsky si è dichiarato soddisfatto dei risultati ottenuti dalla pellicola, anche se il film è stato duramente criticato a causa di inesattezze ed eccessive invenzioni (come i Watchers, i giganteschi angeli decaduti che aiutano Noè nella sua impresa), fino al punto di essere definito un mix tra Il Gladiatore, Harry Potter e Il Signore degli Anelli.

Queste critiche non sono niente se si conta che la proiezione di tale film, è stata addirittura vietata in Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Malesia, Medio Oriente, Pakistan, Qatar e nei paesi Nordafricani, in quanto secondo i loro governi “contraddice gli insegnamenti dell’Islam”. La fede islamica infatti vieta di dare un volto umano ai profeti e alle figure sacre e Noè è un profeta a cui il Corano dedica un capitolo intero. Per questo, Al-Azhar, l’autorità sunnita più importante dell’Islam, ha emesso una fatwa contro il film: “Al-Azhar ... rinnova la sua obiezione contro ogni forma artistica che dipinga i profeti di Dio e i compagni del Profeta Maometto”. Essi “disturbano i sentimenti dei credenti, sono vietati nell’Islam e rappresentano una chiara violazione della legge islamica”, si legge poi sulla fatwa.

Anche il tentativo, non riuscito, di Crowe e Aronofsky di ottenere un incontro privato con Papa Francesco per mostrargli l’opera in anteprima, si è rilevato essere un fallimento, senza considerare che lo stesso recensore di Avvenire ha definito Noah 'strano' e 'sconcertante', anche se 'visivamente potente', una 'grande occasione perda, perché senza Dio'.

Al di là delle polemiche e al di là del fatto che il film risulta un po' pesante (2 ore e mezza non sono mai poche), le scenografie e la fotografia (quest'ultima di Matthew Libatique già premio Oscar per “Il cigno nero”) meritano veramente. Senza contare poi i meravigliosi colori dei tramonti e delle albe, i giochi di chiaro-oscuro che creano un'accecante angoscia e la scena del racconto della nascita della terra .
Sicuramente da menzionare è la colonna sonora, curata dal compositore britannico Clint Mansell, che comprende anche un inedito (“Mercy Is”) cantato da Patti Smith e scritto da lei con Lenny Kaye. Si tratta di un brano appositamente creato per questo lungometraggio, in cui la Smith abbandona le vesti di sacerdotessa laica del rock per riscoprire la fede religiosa.

Una pellicola stracolma di effetti speciali insomma, di cui ricorderò di certo i due momenti ben precisi in cui Noah dipinge l'inferno e la perdizione umana in modo così vivido da essere rimasta impressionata.

lunedì 5 maggio 2014

The Grand Budapest Hotel: la storia di un albergo e di chi lo ha abitato




"Conoscete Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry? Wes Anderson è il piccolo principe fatto adulto", F. Murray Abraham

Un'inventiva fuori dal comune e l'abitudine a disegnare e a immaginare tutti i suoi film come dei veri e propri storyboard animati, ha portato Wes Anderson a creare un nuovo cinemondo originale e credibile, ispirato alle commedie degli anni '30 e alle storie e memorie dello scrittore viennese Stefan Zweig.

Orso d'argento al festival di Berlino, Grand Budapest Hotel racconta - attraverso veri e propri racconti nel racconto - le vicende dei personaggi che frequentano Il Grand Budapest Hotel appunto, un lussuoso albergo in decadenza situato sulla vetta di una montagna altissima che si raggiunge con una funivia.

Per la precisione, siamo in una repubblica immaginaria dell’est Europa, Zubrowka, in un periodo a cavallo tra le due guerre, in un hotel che un tempo era stato un crocevia effervescente di destini, mentre adesso, dopo essere decaduto, funge da rifugio turistico sovietico per isolati superstiti delle famiglie aristocratiche più ricche europee.

Qui, il consierge Monsieur Gustave (Ralph Fiennes), uomo colto, raffinato e di grande classe, si affeziona a Zero Moustafa (l'esordiente Tony Revolori), un giovane lobby boy che ha trovato rifugio nel paese dopo essere sfuggito alla guerra.

Attraverso una serie divertente di colpi di scena si viene condotti nel fantastico mondo di Wes, fatto di ironia e nostalgia, in cui M. Gustave, tenta di salvarsi la pelle, attraverso piccole astuzie e una forte resistenza alle ingiustizie, e, nel contempo, conservare inalterate le forme e le regole di vita e la storia dell’albergo, simbolo di un piccolo mondo antico in cui i valori sono rimasti intoccati.

Quando l'anziana contessa Céline Villeneuve Desgoffes und Taxis, detta Madame D (Tilda Swinton) - affezionata cliente dell'albergo nonché una delle tante amanti agées di Gustave- muore in circostanze sospette, lasciandogli in eredità un prezioso dipinto, si crea un notevole scompiglio nella famiglia di lei.

Il figlio pseudo-nazista (Adrien Brody), nel tentativo di recuperare la tela, darà inizio a una serie di inseguimenti divertenti e talvolta impossibili, assecondato dai soldati-poliziotti capitanati da Edward Norton) che accuseranno Gustave di essere stato lui a uccidere la donna.

Sullo sfondo di un'Europa alle prese con una guerra, Gustave si ritroverà a fuggire dalla galera per ritrovare l’unico testimone oculare della morte (Mathieu Amalric) e salvarsi al contempo dai tentativi di omicidi messi in piedi dai famigliari (Willem Dafoe e Adrian Brody).
Il tutto potrà avvenire solo grazie all'aiuto del fido Zero Moustafa, che lo seguirà e lo difenderà nelle sue fughe e nei suoi ritorni al Grand Budapest Hotel.
Scritto dalla stesso Wes Anderson insieme a Hugo Guinness, il film si rivela così essere una commedia dal ritmo sostenuto che mixa piacevolmente tragedia, grottesco e commedia.
Una storia rocambolesca e acrobatica, ambientata in un clima da favola carico di colori vintage, che le musiche d’antan accelerate contribuiscono a creare, e in cui il sottile senso dell'umorismo si fonde a una nostalgia viscerale.

A sostenerlo in questa impresa epica, un cast stellare composto da grandi nomi e vecchi amici del regista: oltre agli immancabili Bill Murray e Owen Wilson, compaiono anche Harvey Keitel, Willem Dafoe, Adrian Brody, Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Lèa Seydoux e Saoirse Ronan.

Particolarità: Wes si riconferma essere uno dei registi più cool di sempre, come dimostrano i guardaroba eleganti creati appositamente dalle più grandi firme per i suoi personaggi variopinti (si va da Louis Vuitton a Prada), come la cappa di Madame D (Tilda Switon), in velluto di seta, dipinta a mano e bordata di visone nero, realizzata da Fendi in collaborazione con la costumista premio Oscar Milena Canonero.

Perché sono i dettagli che fanno la differenza!



"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.