mercoledì 28 dicembre 2011

La magnifica storia di "AZUR E ASMAR"

Regia e sceneggiatura: Michel Ocelot Prodotto da: Christophe Rossignon Produzione: Nord-Ouest Productions, Lucky Red, S2 International, Intuition Films e Artmis Production Realizzazione: Mac Guff Ligne Distribuzione: Lucky Red

Ogni tanto i buoni sentimenti fanno proprio bene e un lungometraggio di animazione come questo è in grado di destare l’interesse di un pubblico di tutte le età, catturando l'attenzione e il cuore degli spettatori in un mondo magico, in cui due culture e due religioni lontane si incontrano, quella occidentale e la civiltà islamica.

La storia, legata all'infanzia del regista trascorsa in Africa, narra infatti le vicende di due bambini, il biondo Azur e il bruno Asmar, cresciuti dalla nutrice (la mamma di Asmar) nella casa del ricco padre di Azur. Un giorno, il severo padrone di casa decide di dividere i due "fratelli" e di mandare il proprio figlio in collegio, cacciando via la nutrice e Asmar. Nonostante questo tutti si riincontrtanno al sud, nelle terre narrate nelle storie della nutrice, nel tentativo di liberare la bellissima Fata dei Jinns, imprigionata in attesa del suo salvatore.

Belle le suggestive ambientazioni medievali, degli anni antecedenti le crociate in cui la pellicola è ambientata, così come gli abiti portati sullo schermo e la colonna sonora, realizzata da Gabriel Yared, uno dei maggiori compositori francesi, già vincitore di un Oscar. Un capolavoro di colori e grafiche dalle ambientazioni magiche in cui Ocelot abbandona la tavolozza quasi monocromatica di Kirikù, passando dall’Africa nera al mondo arabo pieno di illusioni e colori, intrisa di fate, miti, sortilegi e creature favolose.

lunedì 26 dicembre 2011

IL GIARDINO DELLE VERGINI SUICIDE





“E così abbiamo cominciato a capire un po’ delle loro vite.

Scoprivamo memorie ed esperienze a noi sconosciute, sentivamo come sia imprigionante la condizione di ragazza, come rendeva la mente più attiva e sognatrice e come alla fine si faceva a capire quali colori andassero bene insieme. Scoprimmo che le ragazze in realtà erano donne travestite, che capivano l’amore e la morte e il nostro compito altro non era che fare quel chiasso che sembrava affascinarle tanto. Capimmo che sapevano tutto di noi, e che noi non potevamo comprenderle affatto.”





Film particolare, tratto dal romanzo omonimo di Jeffrey Eugenides, che ha consacrato alla regia la figlia d’arte Sofia Coppola, prima della sua biogtafia pop di Maria Antonietta,

Un lungometraggio in cui una serie di istantanee offuscate ritraggono i diversi stati d’animo che andranno poi a costituire la trama stessa del film, in cui la vita di un eclettico gruppo di ragazzi viene sconvolta dalla loro ossessione verso le cinque bellissime sorelle Lisbon, Cecilia, Lux, Bonnie, Mary e Therese, alle prese con un’adolescenza tormentate da genitori che credono di fare il loro bene. Una madre (K. Turner) timorata e intransigente che arriva a costringere una delle sorelle a bruciare i propri dischi per punizione, cercando di proteggere la propria famiglia da tutto ciò che costituisce devianza. Un padre (J.Wood) assente, troppo impegnato a costruire modellini, per accorgersi di quello che accade in tra le mura domestiche.

In sottofondo la colonna sonora (affidata al duo francese Air) sottolinea incredibilmente il passaggio dall’interiorità di Lux (K. Dunst) e delle altre sorelle al freddo perbenismo dei coniugi Lisbon, per mezzo di continui passaggi di atmosfere cupe e passionali al gelo, all’ossessione religiosa che imbriglia il desiderio di vivere nelle ragazze.

La figura femminile che ne emerge è una donna intrinsecamente sola in tutte le fasi della sua vita, ma dotata di un’incommensurabile carica energetica tanto più presente quanto più imprigionata dietro una presunta inncocenza, mentre l’uomo è assente o, se presente, quantomeno irrilevante.

Un lungometraggio molto intenso che si imparonisce del circuito nervoso dello spettatore e dei suoi ricordi e in cui la telecamera altera la relatà, trasformandola in percezione soggettiva e quindi, in quanto tale, in realtà filtrata da una condizione di straniamento melanconico, in cui la vita è altrove e viene vissuta indirettamente attraverso riviste patinate e cataloghi di viaggio, in un’atmosfera ovattata dai colori pastello.

martedì 6 settembre 2011

"MIO NONNO RACCONTA", UN LIBRO DI ROSA GIACOMOBELLO



Una sottile linea poetica percorre le pagine, in cui, tramite l’espediente di un’intervista, un contadino del meridione risponde alle domande che i suoi sette figli e i nipoti gli pongono, mettendo in mostra senza ritrosia le proprie emozioni e sprigionando una marea di ricordi che viene messa a disposizione di quanti desiderano conoscere lo scorrere della vita dei braccianti agricoli meridionali nella prima metà del novecento, sullo sfondo di un'Italia che cambia, passando dalla guerra di Mussolini ai problemi post bellici.
E’ la storia di un popolo mutilato dalla guerra, dalla politica italiana, una storia fatta di povertà e atroci silenzi, dove personaggi e luoghi lentamente prendono vita andando ad intrecciarsi con altri ricordi.
Denso di riferimenti filosofici, scientifici e storici, il racconto sembra unire la forza della storicità ad un lucido sguardo metafisico che domina il grande flusso degli eventi, da quelli colossali (come le guerre mondiali) a quelli più intimi, di cui vengono evocate le sensazioni, in alcuni casi, lasciando spazio a personali interpretazioni, senza che deragliano dalla veridicità. Attorno alla vita di un bracciante del sud prende vita un intero mondo, fatto di gente comune e di illustri esponenti politici meridionali quali Tommaso Fiore, Rocco Scotellaro, Giuseppe Di Vittorio, Giuseppe Di Vagno, Dino De Lucia, che subirono torture e gravi offese per il coraggio dimostrato a sostegno del proletariato e della pace sociale.
Se siete stati ispirati o semplicemente incuriositi da questa breve descrizione sappiate che il libro è consultabile e reperibile sul sito http://www.ilmioliro.it/ e nelle Librerie Feltrinelli-
Di seguito un estratto dell’Intervista a Rosa Giacomobello, autrice del libro che narra la vita dei braccianti agricoli meridionali tratta dal sito internet AltamuraLife.

ANNA MARIA COLONNA

Giovedì 11 Agosto 2011 AltamuraLife.

“……

Questo libro rappresenta un suo sogno nel cassetto... lei descrive le esperienze vissute e raccontate da suo padre. Di che cosa si tratta?

Quando vivevamo ancora tutti nella casa dei genitori - prima che ognuno di noi seguisse la sua strada, ma anche dopo - a pranzo o a cena facevano accese discussioni pro o contro i sentimenti politici di mio padre e ognuno di noi esprimeva i propri pensieri e chiedeva informazioni per soddisfare le proprie curiosità. Io ho mentalmente custodito le nostre domande e le risposte di mio padre e ho sempre pensato di riportarle prima o poi in forma scritta. Il pensionamento e l'indipendenza raggiunta dai miei figli finalmente mi hanno consentito di realizzare questo progetto. E' la descrizione della dura e amara vita dei contadini del Sud nella prima metà del Novecento.

…..

Il libro ha una struttura particolare... parla di un nonno che risponde a delle domande...

Il libro è strutturato esattamente come avvenivano le discussioni a carattere sociale e politico in famiglia. Mio padre esprimeva le sue posizioni socio-politiche e noi esprimevamo i nostri dissensi o le nostre approvazioni. Io mi sono limitata a dare un ordine cronologico agli eventi oggetto di discussioni o di riflessioni.

----“

mercoledì 31 agosto 2011

Ancora Murakami: TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO


TUTTI I FIGLI DI DIO DANZANO



Autore: Murakami Haruki
Titolo: Tutti i figli di Dio danzano
Anno di pubblicazione: 2005
Editore: Einaudi
Pagine: 156
Euro: 12,00
ISBN: 9788806178130
Traduzione: Giorgio Amitrano



I racconti contenuti in Tutti i Figli di Dio danzano

· Atterra un UFO su Kushiro

· Paesaggio con ferro da stiro

· Tutti i figli di Dio danzano

· Thailandia

· Ranocchio salva Tokyo

· Torte al miele



Tutti i figli di Dio danzano è una raccolta di racconti di Haruki Murakami accomunati da un tema, il terremoto di Kobe, che ha segnato grosso trauma della storia del Giappone degli anni ’90.

I personaggi di Murakami sono dei sopravvissuti che nascondono nelle profondità delle loro anime le cicatrici di una tragedia che vorrebbero rimuovere ma che costantemente tornano come fantasmi nel loro quotidiano, richiamandone costantemente la loro attenzione

A questo punto, al centro di ogni racconto, come nelle favole della buonanotte raccontate ai bambini, nel bel mezzo di una natura morta di sentimenti contrastati, interviene un incontro chiave in grado di aprire uno spiraglio di luce e di cambiare il corso di un'esistenza, la promessa di una via d'uscita dal dolore della morte o addirittura la salvezza dalle paure di una città intera.



Riporto qui di seguito una citazione in cui ho trovato il senso profondo che personalmente attribuisco ai sei racconti: mentre stai per cadere, c’è sempre qualcuno che ti afferrerà al volo. Basta abbandonare la rigidità e lasciarsi andare.

"Calpestava la terra, e roteava le braccia con eleganza.

Ogni movimento chiamava il successivo, e si collegava a esso in modo autonomo. Il suo corpo tracciava un diagramma dopo l'altro.

E in quella danza vi erano forma, variazioni e improvvisazione. Dietro al ritmo c'era un ritmo, e tra di essi vi era un altro ritmo invisibile.

In alcuni momenti chiave, Yoshiya riusciva a cogliere una visione d'insieme dei loro complessi intrecci.

Diversi animali erano nascosti nella foresta, come in un'illustrazione cifrata. Vi apparteneva anche una belva spaventosa che non aveva mai visto.

A un certo punto sapeva che avrebbe dovuto attraversare quella foresta. Ma non aveva paura. Cosa aveva da temere? Era la foresta che esisteva dentro di lui. E la belva quella che lui stesso portava con sé.

Yoshiya non sapeva per quanto tempo aveva danzato. Però era durato a lungo. Abbastanza a lungo da avere le ascelle bagnate di sudore.

Poi a un tratto pensò a tutto ciò che esisteva al centro della terra che adesso calpestava. Lì c'era il rifugio sinistro di un'oscurità profonda, una corrente sotterranea, sconosciuta agli uomini, che trasportava il desiderio, un brulicare di viscidi insetti, e lì si annidava quel terremoto che trasformava le città in ammassi di detriti. Tutte queste energie contribuivano a creare il ritmo della terra.

Yoshiya smise di danzare, e mentre cercava di regolare il suo respiro, abbassò lo sguardo sulla terra ai suoi piedi, come se spiasse una voragine senza fine."


martedì 9 agosto 2011

PALOOKAVILLE – ovvero, io amo Vincent Gallo!


Regia: Alan Taylor

Uscita Originale: 1996

Cast: William Forsythe, Vincent Gallo, Adam Trese, Gareth Williams, Frances McDormand

Genere: Un mix tra Commedia e Poliziesco

Durata: 1h 32m


Per caso, sfracellata sul divano, mentre cambiavo canale in cerca di qualcosa che catalizzasse il mio sguardo, mi sono bastati pochi secondi per rimanere intrappolata da Palookaville, un film americano del 1995 di Alan Taylor scritto da David Epstein,

In una cittadina del New Jersey tre giovani disoccupati, Jerry, Russ e Syd, i classici buoni a nulla più per svogliatezza che per mancanza di doti personali, stanchi della vita che conducono e delle umiliazioni a cui ogni giorno vengono sottoposti, si spremono il cervello alla ricerca di un’attività alla loro altezza, non troppo pesante, interessante, con degli orari buoni etc…etc….che li garantisca di portarsi a casa la pagnotta.

Un po’ per caso, un po’ per il destino che fa venire un infarto al guidatore del portavalori che viaggiava davanti a loro, decidono di tentare il colpo della vita, ma la loro inconcludenza sarà di ostacolo, tanto che alla fine verranno pubblicamente premiati per una buona azione.

Il film ha un bel ritmo, ha la dose giusta di ironia e amarezza, di rabbia e di tranquillità. In alcuni punti rimanda a quell’arte rarissima di sopravvivere dei Soliti Ignoti di Monicelli, e alla fine, anche la dedica mi stupisce: a Italo Calvino (in realtà il film è un adattamento di un suo racconto breve).

venerdì 17 giugno 2011

Titolo originale: The Tree of Life
Nazione: U.S.A.
Anno: 2010
Genere: Drammatico, Fantastico
Durata: 138′
Regia: Terrence Malick
Cast: Brad Pitt, Sean Penn, Fiona Shaw, Jessica Chastain

"Un giorno cadremo e verseremo lacrime. E capiremo tutto, ogni cosa."



Complesso e poderoso.

Pura poesia visiva. Immagini a metà tra la grazie e il nulla.

Una danza degli spiriti su uno sfondo siderale, fra luce e tenebra, creazione e distruzione, grazia e natura.

Lo schermo nasconde un mondo mai visto prima, vivo e grandioso.

Dietro la storia del singolo c’è la vera combustione del mondo e dietro la vera combustione del mondo c’è un creatore con cui bisogna fare i conti, un Dio prepotente che esige sacrifici.

Poi, la Rabbia, con la Erre maiuscola, di chi guarda le cose succedere senza riuscire a coglierne il senso.

La trama? Non so se si può definire così. Il film somiglia più a un ritratto di famiglia, di una famiglia texana in particolare, gli O’Brien: un padre tradizionalista e molto esigente (Brad Pitt), una madre dolcissima e piena di attenzioni (Jessica Chastain), e i loro tre figli. La loro storia viene rivissuta dal rancoroso Jack, figlio maggiore diventato adulto (Sean Penn) e viene dispersa nel corso della vita, dall’origine del mondo (dinosauri inclusi) ad oggi.

Un capolavoro. Un opera geniale e urlante. Che disorienta.

domenica 10 aprile 2011

POETRY (un film di Lee Chang-dong)



La poesia non è solo un genere letterario. E’ piuttosto qualcosa d’inafferrabile e invisibile, che non si può quantificare in termini economici. La poesia è il mondo, è la vita e malgrado le cose brutte che ci sono all’esterno, c’è sempre qualcosa di molto bello interiormente.”

(Lee Chang Dong, tratto da un articolo di Aldo Spinello del 20/05/2010).

Presentato a Cannes 2010, Poetry è un film coreano che racconta un momento di vita di Mija (Yoon Hee-Jeong) una donna di sessantasei anni con una grande passione per i fiori e per la poesia, che si guadagna da vivere come donna di servizio e che si trova a dover affrontare da sola un nipote adolescente e un principio di Alzheimer.

Quando il nipote si mette nei guai, per aver violentato, insieme ad altri compagni, una ragazza della sua scuola media che si è suicidata, Mija affronta la sofferenza e i sensi di colpa rifugiandosi nella bellezza e nella poesia.

Al corso di poesia a cui si iscrive le suggeriscono di guardare le cose attentamente, da nuove prospettive e di annotare quello che vede. E’quello che farà, riuscendo infine a scrivere la sua poesia.

Lee Chang-dong accosta con gentilezza il candore di Mija al cinismo della società coreana rispettosa dei ruoli e delle formalità, la ricerca della poesia all’incomunicabilità che caratterizza la vita quotidiana, lo splendore degli spazi e delle montagne verdeggianti a un fiume che diventa minaccioso suo malgrado, l'alzheimer, appena accennato nel film, che cancella i ricordi, e le vergogne alla poesia che li riporta a galla.

Un’opera curata sin nei minimi dettagli, dove tutto torna e dove nulla è mostrato a caso, sicuramente inadatto a chi non apprezza la lentezza.

sabato 9 aprile 2011

La rivincita di noi “limerence addicted”


Forse c’è ancora spazio per noi nel mondo. Forse anche noi ci possiamo salvare.

Leggo un articolo di David Brooks de LaRepubblica del 2 aprile 2011 che mi ero messa da parte per poi riprenderlo con più calma. Già il titolo attira la mia attenzione: Le cinque virtù dell’Uomo Nuovo. Dalla sintonia al desiderio di infinito ci salveranno le qualità emotive.

Questo giornalista canadese che scrive sui più importanti giornali americani, tra i quali il New York Times, il Wall Street Journal, Newsweek, e che ha da poco pubblicato il suo nuovo libro The Social Animal: The Hidden Sources of Love, Character, and Achievement, in cui revisiona il significato fino ad oggi socialmente attribuito al concetto di “Capitale Umano”, riabilitandolo e strappandolo dalla restrittiva interpretazione che lo vede come il risultato di un mix di quoziente intellettivo e competenze professionali.

In realtà il mondo della ricerca da anni sta andando verso un’altra direzione, più profonda, nel tentativo di ricercare nuovi talenti, in grado di fondere in sé razionalità e emotività.

Vorrà dire che nei nostri prossimi colloqui, invece di essere giudicati per studi e passate esperienze, saremo valutati anche per

<<

· SINTONIA: La capacità di immedesimarsi nella mente altrui, prendendo conoscenza di ciò che ha da offrire.

· PONDERATEZZA: La capacità di osservare serenamente i moti della propria mente e di correggerne gli errori e i pregiudizi.

· METIS, da Metide, dea greca della saggezza, ntd.:la capacità di individuare gli schemi e i modelli di sistemi aggregati (pattern) comprendendo l’essenza delle situazioni complesse.

· SIMPATIA: la capacità di inserirsi nell’ambiente umano che ci circonda e di evolvere all’interno dei movimenti di gruppo.

· LIMERENCE (termine coniato dalla psicologa Dorothy Tennoy per descrivere lo stadio finale, quasi ossessivo dell’amore romantico, una sorta di ultra attaccamento, ntd): più che un talento, è una motivazione. Se la mente cosciente è avida di denaro e di successo, quella inconscia ha sete di momenti di trascendenza in cui, mettendo a tacere la skull line (la “linea del cranio”) ci abbandoniamo perdutamente all’amore per l’altro, all’esaltazione per una missione da svolgere, all’amore di Dio. Un richiamo che sembra manifestarsi in alcuni con potenziale molto maggiore rispetto ad altri>>.

Una rivalutazione dei “Limerence addicted”, potremmo chiamarli così, autoimprigionati nel proprio inconscio, una nuova attenzione verso l’empatia, la veggenza, la meditazione, l’unione tra filosofia orientale e occidentale che stavamo aspettando.

domenica 6 marzo 2011

BLACK SWAN - IL CIGNO NERO

REGIA: Darren Aronofsky

SCENEGGIATURA: Darren Aronofsky, Mark Heyman, John McLaughlin

ATTORI: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder, Barbara Hershey,

FOTOGRAFIA: Matthew Libatique

MUSICHE: Clint Mansell

PAESE: USA 2010

GENERE: Drammatico, Thriller



Film di apertura del Festival di Venezia 2010 interpretato da Natalie Portman, Vincent Cassel e Milan Kunis, Black Swan è un thriller psicologico ambientato a New York.

Nina, Natalie Portman (Premio Oscar 2011 per la migliore attrice), è una ballerina di danza classica giovane e ambiziosa che la compagnia del New York City Ballett sceglie come prima ballerina per Il lago dei cigni.

Per riuscire ad entrare fino in fondo nella parte e trovare dentro se il Cigno Bianco, delicato e innocente, e il Cigno Nero, caratterizzato da una seducente malvagità, che dovrà mettere in scena, si ritrova in una ragnatela intessuta di competizione, incubi, fantasie, gelosie nascoste, ossessioni.

Dovrà scontrarsi con la sensuale Lily (Mila Kunis), ultima arrivata nella compagnia che diventerà la sua più grande rivale, con la madre Erica (Barbara Hershey), un’ex ballerina oppressiva e ossessionante, con un direttore artistico (Vincent Cassel) che la spinge ad osare cercando di tirarle fuori il lato oscuro e incontrollato, con quel che resta di Beth Macintyre (Winona Ryder) ex prima ballerina che Nina andrà a rimpiazzare.

Un film con la consistenza di una sceneggiatura teatrale in cui la colonna sonora (musiche di Tchaikovsky e Clint Mansell) aiuta a mantenere una tensione costante, in cui ancora una volta Darren Aronofsky si concentra su un corpo martoriato, sulla sessualità negata, sulla ricerca della perfezione:

"Alcune persone considerano il wrestling come la più bassa delle forme d'arte, mentre altri ritengono che il balletto sia la più alta, ma in realtà hanno qualcosa di molto simile. Mickey Rourke come wrestler viveva delle esperienze assolutamente paragonabili a quelle di Natalie Portman come ballerina. Entrambi sono degli artisti che utilizzano i loro corpi per esprimersi, ma sono minacciati dai malanni fisici, perché i loro corpi sono gli unici strumenti che hanno per comunicare. La cosa interessante per me era trovare due storie collegate in quelli che potrebbero sembrare dei mondi distanti", spiega Darren Aronofsky.

Un film che entra in contatto con lo spettatore, violando la sua sensibilità, tanto che, secondo un articolo del The Hollywood Reporter, in un Multiplex di Riga, durante la proiezione del film un ragazzo di 27 anni , durante i titoli di coda, ha estratto la pistola e si e è fatto giustizia sparando a un altro spettatore colpevole di aver mangiato i pop corn troppo rumorosamente. Si parla di una totale identificazione con la ballerina protagonista del film.

Insomma, un film che divide, un capolavoro.

"PELLE" di Erica Zanin

"PELLE" di Erica Zanin
Un romanzo in vendita su www.ilmiolibro.it

"PELLE", il mio primo romanzo che consiglio a tutti!

Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.