venerdì 1 gennaio 2016

A perfect day, a perfect film



Regia: Fernando León de Aranoa
Cast: Benicio Del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko,
Melanie Thierry, Fedja štukan
Titolo originale: A Perfect Day
Genere: Drammatico
Durata: 106 min.
Uscita: giovedì 10 dicembre 2015

 


"Qui pure i bambini nascono ridendo"

"Ho voluto tre attori grandi e grossi, due dei quali più alti di me (Tim Robbins e il bosniaco Fedja Stukan, ndr), per rappresentare visivamente il contrasto fra la possenza fisica di chi fa questo lavoro e l'impotenza e frustrazione che si prova in situazioni in cui ottenere risultati positivi è davvero difficile, e che ho provato anch'io in zone di guerra in cui il mio metro e 98 non faceva alcuna differenza.", Fernando León De Aranoa.


È la poetica delle piccole cose in chiave comico-grottesca, quella nascosta in questo magnifico film del regista e sceneggiatore spagnolo Fernando León De Aranoa tratto da Dejarse Llover, il romanzo intimista e ironico della cooperante spagnola Paula Farias.

Si tratta di un film on the road che fotografa con un’ironia amarognola gli orrori e l'insensatezza di un conflitto dimenticato (o rimosso) dagli europei, quello nell'ex Jugoslavia, un conflitto così vicino a noi, geograficamente, e anche nel tempo, ma su cui è stata stesa un'imbarazzata cortina di silenzio. Un racconto realistico ed emblematico insieme, in cui Aranoa alterna con abilità momenti leggeri a momenti tristi, grazie a una trama ricca di deviazioni.

Ambientata nei Balcani nel 1995, verso la fine della guerra e l'inizio degli accordi di pace, la pellicola racconta le disavventure di un gruppo di operatori umanitari impegnati a mettere un po' d'ordine nel caos della guerra, perché anche se gli accordi di Dayton sono vicini, c'è ancora tanto lavoro da fare per tornare a una pseudonormalità.

Gli "idraulici della guerra" in questo caso sono i cooperanti di una associazione internazionale e il loro interprete locale, dei veri e propri antieroi arrivati nei Balcani semplicemente per fare del ‘bene’, come se ci fosse ancora spazio per il bene, per l’umanità, la generosità nella crudeltà cinica delle guerre. Tra ideali umanitari, abitudine, utopie e mancanza di alternative, porteranno alla luce tutto il grottesco del conflitto.

I due veterani del gruppo sono Mambru (un Benicio del Toro in gran forma), il capo della sicurezza portoricano dallo sguardo sempre irridente e dal fascino burbero che sta per rientrare finalmente a casa, e lo statunitense B (Tim Robbins), un tipo cinico e lunare che invece la sua casa non sa nemmeno più dove stia e non saprebbe più dove andare e cosa fare se non ci fossero quelle operazioni umanitarie in terre disastrate.

Insieme a loro ci sono Sophie (Mélanie Thierry), la cooperante francese alle prime armi, ancora integra e piena di voglia di lottare per i propri ideali anche se in piena perdita d'innocenza dinanzi alle brutture della guerra, e la bella Katya (Olga Kurylenko), una russa con una relazione con Mambru alle spalle che ha il compito di controllare il loro operato e dalla cui valutazione dipende il prolungamento della missione.

Al gruppo si aggiungono due personaggi del posto: l’interprete Damir (Fedja Stukan), stretto tra il desiderio di collaborare e i pericoli a cui espone sé e i propri conoscenti, e Nikola (Eldar Residovic), un ragazzino di appena 9 anni che porta con sè le atrocità della guerra.

Vedendo questo film si sorride e molto, ma gli argomenti trattati sono seri.
L'obiettivo della missione, apparentemente semplice, è rimuovere un cadavere grande e grosso che è stato gettato in uno dei pochi pozzi della zona, rendendolo inutilizzabile.
Il problema è che l'unica corda di cui dispongono si è spezzata e trovarne un'altra si rivela un'impresa epica.
La ricerca della corda si trasforma infatti, in una tragicomica, esilarante caccia al tesoro da un villaggio all’altro, tra l'ostilità dei locali, i conflitti etnici, le mine seminate ovunque, contraddizioni burocratiche, carcasse di mucche minate messe lungo la strada per far saltare in aria i veicoli, case pericolanti e altre minacce.

La buona volontà dei cooperanti finisce inesorabilmente per scontrarsi con una realtà fatta di regole insulse e protocolli da seguire e viene beffata dal caso. Non a caso, l’ultimo sorriso viene regalato dall’ironia della sorte, in un bellissimo finale sotto la pioggia in cui nessuno crede più nei sogni, quindi nessuno scalpita nel vederli infranti.
Un film senza fronzoli e senza piagnistei che sa farsi apprezzare pienamente: anche filmando autentiche missioni umanitarie, Aranoa è riuscito a dare verità alla cronaca amalgamando sapientemente dramma e umorismo, serietà e leggerezza, gravità e ironia, impegno e divertimento, creando così un magico equilibrio.
L'impianto teatrale del film, con molte battute fulminanti, riesce poi a dare vita a un racconto eroicomico dai toni picareschi e dai dialoghi eccellenti, mentre la regia riesce a governare sapientemente immagini, tempi e ritmi del racconto che balzano davanti agli occhi tutti casuali, tutti inaspettati. Buona anche la sceneggiatura, astuta nel suo minimalismo e perfetta la colonna sonora che sottolinea la tensione del racconto passando dai Ramones ai Gogol’ Bordello, fino a una bellissima There Is No Way di Lou Reed.
Una curiosità: le riprese sono state effettuate tutte in Spagna. Nonostante questo, la fotografia di Alex Catalán dà a queste traversate un tocco western difficile da dimentcare.

Un film davvero necessario, un omaggio a tutti quegli antieroi che senza falsi pacifismi aiutano le popolazioni devastate dalla guerra, una denuncia di come ogni conflitto abbia i suoi profitti e profittatori, una frecciatina indiretta contro l'incapacità ad agire dei dispositivi internazionali (in primis i caschi blu dell'Onu).

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Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.