sabato 8 gennaio 2011


REGIA: Gabriele Salvatores

SCENEGGIATURA: Gabriele Salvatores, Alessandro Genovesi

ATTORI: Margherita Buy, Diego Abatantuono, Fabrizio Bentivoglio, Fabio De Luigi, Carla Signoris, Valeria Bilello, Gianmaria Biancuzzi, Alice Croci

PRODUZIONE: Colorado Film

PAESE: Italia 2010

GENERE: Commedia

DURATA: 90 Min


Lo so che il proposito di questo blog è di annotare le cose belle incontrate, ma oggi devo fare un’eccezione, forse, perché Happy Family mi è rimasto sul gozzo, e non ci posso credere, non può essere Salvatores a deludermi così tanto, e ho bisogno di capire, perché sono certa che ci deve essere una spiegazione.

E io per capire scrivo.

Ora veniamo al dunque. Happy Family è una commedia diretta da Salvatores

L’ho visto senza aver letto o sentito commenti e/o recensioni, così a mente vergine, anche se qualche aspettativa nei confronti di Salvatores devo ammettere che

ce l’avevo.

La trama è bizzarra, divertente: i personaggi ideati da uno sceneggiatore in crisi prendono vita e coinvolgono il loro creatore in uno scontro/incontro tra due famiglie dovuto alla ferma decisione di sposarsi presa dai loro rispettivi figli appena sedicenni.

E fin qui niente di male. Quello che d’istinto mi perplime è proprio la regia

Prima scoperta: in realtà il film ha preso spunto da uno spettacolo di Alessandro Genovesi (prodotto al Tetro Elfo di Milano) a sua volta ispirato ai Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello.

Eh beh, eh behbeh, mi dico.

Seconda scoperta: le citazioni, molteplici. Per esempio c’è la scena in cui Caterina si sente gli occhi addosso di tutti i passeggeri del tram, ripresa dalla scena iniziale di 8 ½ di Federico Fellini. Poi c’è il richiamo a Marrakech Express, dello stesso Salvatores, quando Bentivoglio e Abatantuono parlano del loro primo incontro in Marocco.

Aaaaah, eeeeeh, dico, quasi con un sospiro di sollievo.

Terza scoperta: la fusione tra vita, commedia e film, in cui la commedia racconta la vita come se la vita fosse un film, e contemporaneamente il film racconta la vita come fosse una commedia, con i personaggi che escono dallo schermo e interagiscono con il narratore e con il pubblico stesso e con un finale metacinematografico che riunisce le tre dimensioni

Ooooohhh, e qui comincio ad agitarmi dalla sedia per l’agitazione che mi prende davanti a questa genialata.

Quarta scoperta: la geometria. Happy Family è geometricamente perfetto che si apre e si chiude a cerchio con una panoramica sull’appartamento/studio di un autore incasinato pieno di oggetti ai quali si appiglierà nel corso della scrittura.

Conclusione?Intellettualmente bello e genialmente costruito.

Ma dov’è finita la spontaneità?









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Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.