domenica 20 marzo 2016

Ci si abitua a tutto, anche a Pinketts


Autore: Andrea G. Pinketts
Titolo: Il senso della frase
Editore: Feltrinelli
Pag.: 248
Anno: 2006 (1995 prima ed)
Genere: mah!!
ISBN 978880781336

Sito web dedicato all'autore: http://www.pinketts.com



"Ci si abitua a tutto. Altrimenti si muore. E quando siamo morti sono gli altri ad abituarsi all'idea della nostra morte."









Scritto da Andrea G. Pinketts prima che si vendesse a programmi televisivi di dubbio gusto, e pubblicato nel 1995, Il senso della frase è un libro difficile da collocare. Non si può parlare propriamente di giallo, perché grottesco, né di autobiografia, perché sfocia in un thriller pieno di misteri, morti, sparatorie e via dicendo.
Potremmo forse definirlo un libro "variabile", credibile-incredibile, di certo stravagante e mai banale, un libro dal tipico "non-senso" meneghino, anche se in alcuni tratti lento e poco scorrevole, caratterizzato da un certo fascino alcoolico e da una dimensione borderline in cui finzione e realtà sembrano fondersi e confondersi.

Ambientato nella Milano labirintica degli anni ottanta, familiare ma oscura, accogliente ma misteriosa, divertente ma surreale teatro metropolitano degli errori e degli orrori, Il senso della frase è un vero e proprio sciroppo contro la convenzionalità

Il protagonista, Lazzaro Sant'Andrea, continua a imbattersi in se stesso e nelle sue ossessioni, mentre è alla ricerca del "senso della frase" nonchè di Niki, una una donna dal naso a becco e vestita come cappuccetto rosso, che forse è morta, forse è stata uccisa, o forse sta solo fingendo di esserlo.

Circondato da un coro tragicomico di marionette perverse e costantemente in bilico, fatto di perditempo, psicologhe, ninfomani, bugiarde patologiche, squadre di assassini su pattini a rotelle, babbi natali omicidi, Lazzaro non è solo una creatura di Pinketts, ma è Pinketts stesso, quell'eroe immaturo e geniale, il cavaliere pieno di paure, il mantenuto che mantiene i propri vizi, non si sa come.

Insomma una trama fatta di situazioni surreali a cui si alternano introspezioni, una trama che fa sì che la storia passi così un po' in secondo piano, tanto l'unica realtà è quella delle bugie erette da Nicky. E quella dei virtuosismi linguistici di Pinketts, che, con la sua scrittura iperbolica e con i suoi giochetti verbali, si diverte a plasmare le parole a suo piacimento, usandole come campi di battaglia dai significati molteplici e peculiari.

Un romanzo circolare che inizia e finisce parlando di niente, pur contenendo un mondo intero, con una memorabile conclusione che riprende la prima frase dell'incipit: "Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così ma ho il senso della frase".

Di certo Pinketts ha il senso della frase, lo usa a meraviglia e per nostra delizia anche in questo romanzo che viene considerato il manifesto letterario dello scrittore milanese, da lui stesso definito come "La cosa più utile che sia mai stata scritta dopo le istruzioni per l'uso della nitroglicerina".

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Siamo nella Milano dei giorni nostri, in quella zona periferica che da Greco conduce a Sesto San Giovanni. In un autobus dell'ATM, un autista, ormai stanco del suo lavoro, deve affrontare una baby gang che spaventa i suoi passeggeri. Si chiama Bruno ed è uno dei tanti laureati insoddisfatti costretti a fare un lavoro diverso da quello da cui ambivano: voleva fare il giornalista e invece guida l'autobus nella periferia di Milano. Ma non gli dispiace e non si lamenta. E' contento lo stesso: è il re del suo autobus e i suoi passeggeri sono solo spunti interessanti per i racconti che scrive. Li osserva dallo specchietto retrovisore, giorno dopo giorno, li vede invecchiare, li vede quando sono appena svegli e quando tornano dal lavoro stanchi morti, e passa il tempo ad immaginarsi la loro vita. Finché nella sua vita irrompe Margherita, con la sua vita sregolata, con i suoi problemi di memoria, con i suoi segreti. E tutto cambia. Fuori e dentro di lui.